lunedì 24 dicembre 2012

Uno stipendio agli studenti

A tutt’oggi gli stati in cui gli studenti universitari fra i 18 e i 25 anni ricevono uno “stipendio” sono diversi. Per esempio nel continente europeo ci sono già la Germania e la Svezia che, in generale, hanno investito molto sul sistema scolastico e continuano a farlo. 
Per poter agevolare la vita ai giovani e per poter dar loro la possibilità di applicarsi al meglio e dedicarsi solo ed esclusivamente allo studio, hanno istituito uno stipendio. Nei due paesi funziona in questo modo: in Germania, ad esempio, vengono versate importanti somme di denaro ai giovani universitari con fondi statali e regionali.
La Svezia mette a disposizione circa 200 euro alla settimana ad ogni studente. Una cosa molto importante è che di questi 200 euro, 68 sono a fondo perduto, mentre il resto sarà poi restituito negli anni.
In Germania invece la cosa è un po’ più complessa. La cifra è inferiore, circa 300 euro al mese, ma la sua erogazione varia in base al reddito e al merito. Inoltre si possono avere altre sovvenzioni statali: si può arrivare ad ottenere anche più di 800 euro dal fondo di finanziamento all’istruzione. La somma, in entrambi i casi, è sostanziosa ma assume un valore ancora più importante sapendo che l’università è completamente gratuita!  
Questi due paesi, forse non a caso, sono fra i pochi a non risentire la crisi economica che sta investendo tutto il mondo. Forse invece che tagliare sempre e comunque sul sistema scuola, il Governo, i Governi, dovrebbero fermarsi, iniziare a guardare a nuove prospettive, ad altri metodi per risolvere tanti problemi, investire sui giovani e finalmente guardare al futuro.

 
di Francesco Calcagno
 
E voi cosa ne pensate?

martedì 4 dicembre 2012

"Questa non è la democrazia"


Vi proponiamo qui di seguito la riflessione di uno studente del Liceo Classico Marco Minghetti:

Domani non metterò piede nella scuola che amo.
Non lo farò perché oggi il confronto è passato da essere un confronto di idee ad un confronto di singoli, con le conseguenti offese di natura personale. Quando si passa alle offese, è chiaro che si tratta di una mancanza di argomenti alternativi. Io ho espresso e ribadito più volte il mio punto di vista. Ora non scenderò più a compromessi con un ristretto gruppo di persone, privo di qualsiasi legittimazione, che mi indichi quando e come esprimere il mio dissenso. Questa non è la democrazia. Perché quando bisogna scegliere se occupare o meno, lo si fa al mattino in assemblea plenaria (orario scolastico), quando l'occupazione è messa in discussione lo si fa alle 15 "e non si discute", ma quando la questione torna certa e si passa a questioni meno centrali ecco che magicamente lo si può fare alle 8 "partecipazione, evidentemente facilitata dal fatto [...], soprattutto, di essere tenuta in orario scolastico.".
Io non voglio più essere preso in giro, tantomeno da persone per cui nutro (nutrivo?) tanto rispetto e un po' di stima.
Ad maiora.
Pietro Fochi

E voi cosa ne pensate?

domenica 2 dicembre 2012

La legalità dell'occupazione

Riportiamo la lettera di un genitore a LaRepubblica del 1/12/2012 nella versione integrale e una replica pubblicata sempre su La Repubblica il 2/12/2012.

1/12/2012 - Gentile preside, gentili insegnanti, ho letto con crescente disappunto prima il comunicato firmato dal preside poi la lettere di alcuni insegnanti (non si quanti e quali perché la lettera non riportava le firme).
Disappunto generato dalla forza con cui vi siete scagliati contro i vostri ragazzi (o almeno parte di loro), proprio quelli che avreste dovuto appoggiare, consigliare e, soprattutto, proteggere. È vostro compito insegnare a lottare per i propri diritti civili, come il diritto allo studio, che non si ottiene solo frequentando la scuola, ma anche chiedendo che sia mantenuto o raggiunto un livello qualitativo elevato. Non credo che esista una forma di protesta che non leda i diritti degli altri: quale diritto allo studio preserva uno sciopero del personale e quale diritto alla cultura mantiene inalterato la rinuncia alle gite scolastiche perpetuata e paventata dagli insegnanti. Una differenza è sicuramente nella legalità, come ha tenuto a precisare così accuratamente il preside; l'accettazione legale, però, non nasce con i diritti naturali dell'uomo, ma è stata conquistata grazie a lotte difficili compiute da altri. Alla fine le forme di protesta si accomunano nell'obiettivo di creare un disagio per far ascoltare la propria voce.
Forse riesco a comprendere, nelle intenzioni e non nella forma, le motivazioni che hanno spinto ad una tale invettiva il preside, preoccupato di proteggere la scuola che dirige. Devo dire che le sue preoccupazioni sono state spazzate via dal comportamento dei ragazzi che hanno dimostrato, nelle azioni compiute in questi due giorni di occupazione, di tenere alla scuola almeno quanto lei. Non consideri questa azione un fallimento dei suoi tentativi di costruire un dialogo con i ragazzi, loro la tengono in grande considerazione e la rispettano anche se in questo caso hanno agito diversamente da quanto da lei consigliato.
Invece non riesco a comprendere la presa di posizione degli insegnanti. Quando è stato il loro momento di protestare, i loro alunni non li hanno tacciati di essere violenti o poco democratici negando loro il diritto allo studio; li hanno appoggiati nella loro lotta perché hanno ritenuto che le motivazioni erano comuni: una scuola migliore è un bene per entrambi. E invece, quando è stato il momento di contraccambiare, gli insegnanti hanno prontamente voltato le spalle, più prodighi a ricorrere alle minacce che al dialogo.
Eppure sarebbero dovuti essere proprio loro, essendo i più vicini ai ragazzi, a comprenderli ed appoggiarli, come ho imparato da mio padre, anch'egli insegnante anche se di un'altra generazione. Avete ripetutamente utilizzato la parole minoranza, assoluta minoranza, per giustificare i termini atto violento e inammissibile. Mi sembra però che nelle assemblee svolte, le decisioni siano state prese con la maggioranza dei partecipanti. Se il numero di partecipanti all'occupazione è risultato esiguo rispetto ai votanti che l'hanno decisa è perché si è messa in atto la forma democratica di rappresentatività. Se, invece, il riferimento fosse al fatto che alle assemblee non fosse presente la totalità degli alunni, allora la critica dovrebbe essere mossa a quelli che le hanno disertate. Il 5 in condotta prospettato ai manifestanti dovrebbe essere indirizzato, forse, a quelli che hanno preferito disertare questi momento di confronto, perché il comportamento civile (nel senso sociale del termine) si basa proprio sulla partecipazione e sul confronto.
Vorrei che la scuola insegnasse a mio figlio ad essere una persona civile, a diventare un cittadino in grado di rendere la nostra società migliore. Ritengo che la partecipazione sia alla base della coscienza civile. Quello che ho visto in mio figlio in questi giorni è stato proprio il desiderio di ascoltare, discutere, condividere un ideale e un obbiettivo. Ritengo che dobbiate essere orgogliosi di questi giovani, i quali hanno deciso che la loro protesta dovesse essere basata sulla partecipazione e sulla costruzione di un futuro migliore per loro e anche per voi.
Io lo sono.
Roberto Melino

2/12/2012 - La critica rivolta dal sig. Melino al preside e agli insegnanti del Fermi  per il comportamento tenuto a seguito dell'occupazione del liceo  mette in secondo piano l'aspetto  fondamentale della vicenda. E' vero che tutte le forme di protesta ledono diritti altrui, ma gli scioperi e i cortei autorizzati sono atti legittimi, mentre l'occupazione e l'interruzione di pubblico servizio costituiscono comportamenti penalmente rilevanti,    e nessuna maggioranza (anche qualora si sia effettivamente formata, in considerazione del numero dei partecipanti al "voto") può farli diventare leciti.
I comunicati  del dirigente e dei docenti  contenevano, più che minacce, l'annunciazione di un atto obbligatorio per i pubblici ufficiali, quali essi sono, ovvero la denuncia di reati di cui abbiano notizia nell'esercizio delle loro funzioni.
Se vogliamo aiutare i ragazzi  a diventare bravi cittadini dobbiamo  innanzitutto insegnare loro a rispettare la legge.
Silvia Marzocchi

E voi cosa ne pensate?