1/12/2012 - Gentile preside, gentili insegnanti,
ho letto con crescente disappunto prima il comunicato firmato dal preside poi
la lettere di alcuni insegnanti (non si quanti e quali perché la lettera non
riportava le firme).
Disappunto generato dalla forza con cui vi siete scagliati contro i vostri ragazzi (o almeno parte di loro), proprio quelli che avreste dovuto appoggiare, consigliare e, soprattutto, proteggere. È vostro compito insegnare a lottare per i propri diritti civili, come il diritto allo studio, che non si ottiene solo frequentando la scuola, ma anche chiedendo che sia mantenuto o raggiunto un livello qualitativo elevato. Non credo che esista una forma di protesta che non leda i diritti degli altri: quale diritto allo studio preserva uno sciopero del personale e quale diritto alla cultura mantiene inalterato la rinuncia alle gite scolastiche perpetuata e paventata dagli insegnanti. Una differenza è sicuramente nella legalità, come ha tenuto a precisare così accuratamente il preside; l'accettazione legale, però, non nasce con i diritti naturali dell'uomo, ma è stata conquistata grazie a lotte difficili compiute da altri. Alla fine le forme di protesta si accomunano nell'obiettivo di creare un disagio per far ascoltare la propria voce.
Forse riesco a comprendere, nelle intenzioni e non nella forma, le motivazioni che hanno spinto ad una tale invettiva il preside, preoccupato di proteggere la scuola che dirige. Devo dire che le sue preoccupazioni sono state spazzate via dal comportamento dei ragazzi che hanno dimostrato, nelle azioni compiute in questi due giorni di occupazione, di tenere alla scuola almeno quanto lei. Non consideri questa azione un fallimento dei suoi tentativi di costruire un dialogo con i ragazzi, loro la tengono in grande considerazione e la rispettano anche se in questo caso hanno agito diversamente da quanto da lei consigliato.
Invece non riesco a comprendere la presa di posizione degli insegnanti. Quando è stato il loro momento di protestare, i loro alunni non li hanno tacciati di essere violenti o poco democratici negando loro il diritto allo studio; li hanno appoggiati nella loro lotta perché hanno ritenuto che le motivazioni erano comuni: una scuola migliore è un bene per entrambi. E invece, quando è stato il momento di contraccambiare, gli insegnanti hanno prontamente voltato le spalle, più prodighi a ricorrere alle minacce che al dialogo.
Eppure sarebbero dovuti essere proprio loro, essendo i più vicini ai ragazzi, a comprenderli ed appoggiarli, come ho imparato da mio padre, anch'egli insegnante anche se di un'altra generazione. Avete ripetutamente utilizzato la parole minoranza, assoluta minoranza, per giustificare i termini atto violento e inammissibile. Mi sembra però che nelle assemblee svolte, le decisioni siano state prese con la maggioranza dei partecipanti. Se il numero di partecipanti all'occupazione è risultato esiguo rispetto ai votanti che l'hanno decisa è perché si è messa in atto la forma democratica di rappresentatività. Se, invece, il riferimento fosse al fatto che alle assemblee non fosse presente la totalità degli alunni, allora la critica dovrebbe essere mossa a quelli che le hanno disertate. Il 5 in condotta prospettato ai manifestanti dovrebbe essere indirizzato, forse, a quelli che hanno preferito disertare questi momento di confronto, perché il comportamento civile (nel senso sociale del termine) si basa proprio sulla partecipazione e sul confronto.
Vorrei che la scuola insegnasse a mio figlio ad essere una persona civile, a diventare un cittadino in grado di rendere la nostra società migliore. Ritengo che la partecipazione sia alla base della coscienza civile. Quello che ho visto in mio figlio in questi giorni è stato proprio il desiderio di ascoltare, discutere, condividere un ideale e un obbiettivo. Ritengo che dobbiate essere orgogliosi di questi giovani, i quali hanno deciso che la loro protesta dovesse essere basata sulla partecipazione e sulla costruzione di un futuro migliore per loro e anche per voi.
Io lo sono.
Roberto Melino
Disappunto generato dalla forza con cui vi siete scagliati contro i vostri ragazzi (o almeno parte di loro), proprio quelli che avreste dovuto appoggiare, consigliare e, soprattutto, proteggere. È vostro compito insegnare a lottare per i propri diritti civili, come il diritto allo studio, che non si ottiene solo frequentando la scuola, ma anche chiedendo che sia mantenuto o raggiunto un livello qualitativo elevato. Non credo che esista una forma di protesta che non leda i diritti degli altri: quale diritto allo studio preserva uno sciopero del personale e quale diritto alla cultura mantiene inalterato la rinuncia alle gite scolastiche perpetuata e paventata dagli insegnanti. Una differenza è sicuramente nella legalità, come ha tenuto a precisare così accuratamente il preside; l'accettazione legale, però, non nasce con i diritti naturali dell'uomo, ma è stata conquistata grazie a lotte difficili compiute da altri. Alla fine le forme di protesta si accomunano nell'obiettivo di creare un disagio per far ascoltare la propria voce.
Forse riesco a comprendere, nelle intenzioni e non nella forma, le motivazioni che hanno spinto ad una tale invettiva il preside, preoccupato di proteggere la scuola che dirige. Devo dire che le sue preoccupazioni sono state spazzate via dal comportamento dei ragazzi che hanno dimostrato, nelle azioni compiute in questi due giorni di occupazione, di tenere alla scuola almeno quanto lei. Non consideri questa azione un fallimento dei suoi tentativi di costruire un dialogo con i ragazzi, loro la tengono in grande considerazione e la rispettano anche se in questo caso hanno agito diversamente da quanto da lei consigliato.
Invece non riesco a comprendere la presa di posizione degli insegnanti. Quando è stato il loro momento di protestare, i loro alunni non li hanno tacciati di essere violenti o poco democratici negando loro il diritto allo studio; li hanno appoggiati nella loro lotta perché hanno ritenuto che le motivazioni erano comuni: una scuola migliore è un bene per entrambi. E invece, quando è stato il momento di contraccambiare, gli insegnanti hanno prontamente voltato le spalle, più prodighi a ricorrere alle minacce che al dialogo.
Eppure sarebbero dovuti essere proprio loro, essendo i più vicini ai ragazzi, a comprenderli ed appoggiarli, come ho imparato da mio padre, anch'egli insegnante anche se di un'altra generazione. Avete ripetutamente utilizzato la parole minoranza, assoluta minoranza, per giustificare i termini atto violento e inammissibile. Mi sembra però che nelle assemblee svolte, le decisioni siano state prese con la maggioranza dei partecipanti. Se il numero di partecipanti all'occupazione è risultato esiguo rispetto ai votanti che l'hanno decisa è perché si è messa in atto la forma democratica di rappresentatività. Se, invece, il riferimento fosse al fatto che alle assemblee non fosse presente la totalità degli alunni, allora la critica dovrebbe essere mossa a quelli che le hanno disertate. Il 5 in condotta prospettato ai manifestanti dovrebbe essere indirizzato, forse, a quelli che hanno preferito disertare questi momento di confronto, perché il comportamento civile (nel senso sociale del termine) si basa proprio sulla partecipazione e sul confronto.
Vorrei che la scuola insegnasse a mio figlio ad essere una persona civile, a diventare un cittadino in grado di rendere la nostra società migliore. Ritengo che la partecipazione sia alla base della coscienza civile. Quello che ho visto in mio figlio in questi giorni è stato proprio il desiderio di ascoltare, discutere, condividere un ideale e un obbiettivo. Ritengo che dobbiate essere orgogliosi di questi giovani, i quali hanno deciso che la loro protesta dovesse essere basata sulla partecipazione e sulla costruzione di un futuro migliore per loro e anche per voi.
Io lo sono.
Roberto Melino
2/12/2012 - La critica rivolta dal sig. Melino
al preside e agli insegnanti del Fermi per il comportamento tenuto a
seguito dell'occupazione del liceo mette in secondo piano
l'aspetto fondamentale della vicenda. E' vero che tutte le forme di
protesta ledono diritti altrui, ma gli scioperi e i cortei autorizzati
sono atti legittimi, mentre l'occupazione e l'interruzione di pubblico servizio
costituiscono comportamenti penalmente rilevanti, e
nessuna maggioranza (anche qualora si sia effettivamente formata, in considerazione
del numero dei partecipanti al "voto") può farli diventare
leciti.
I comunicati del dirigente e
dei docenti contenevano, più che minacce, l'annunciazione di un atto
obbligatorio per i pubblici ufficiali, quali essi sono, ovvero la
denuncia di reati di cui abbiano notizia nell'esercizio delle loro
funzioni.
Se vogliamo aiutare i ragazzi
a diventare bravi cittadini dobbiamo innanzitutto insegnare loro a
rispettare la legge.
Silvia Marzocchi
E voi cosa ne pensate?
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